Festa della Donna.
Una festa, sì, ma legata a un fatto tragico avvenuto sul lavoro nel 1908 a New York, quando decine
di operaie morirono in una fabbrica. Un binomio, quindi, donna-lavoro già all’origine del significato
della giornata.
Sono decenni che si discute di emancipazione, eppure non è affatto scontato che la donna possa e
riesca a lavorare, oltre a essere madre e moglie. Non è nemmeno scontato guardare la
genitorialità come un valore; eppure il contributo che la maternità porta è una ricchezza, che può
contaminare e arricchire anche l’ambito lavorativo con un nuovo spirito nell’approcciare i
problemi, maggior versatilità, flessibilità.
Allorquando si considera il binomio “donne-lavoro”, immediatamente si fa riferimento alle
discriminazioni che ancora subiscono e alle esistenti difficoltà riscontrate, sia sul piano
socioeconomico che su quello lavorativo.
Lavori non retribuiti, lavori sottopagati, lavori part-time, contratti a tempo determinato e
disoccupazione, con pesanti conseguenti sul gender pay gap.
Ma quando le donne si affermano nel mondo del lavoro, sorgono altri problemi. A cosa serve
“sfondare il soffitto di cristallo”, vincere premi, scalare classifiche, diventare geni della robotica e
inanellare primati, se poi mancano le politiche di conciliazione con i tempi di vita, se tutti i risultati
ottenuti hanno un prezzo altissimo da pagare: la rinuncia alla vita privata, all’amore, alla maternità,
al tempo per sé.
Ecco, quindi, il problema della conciliazione tra vita e lavoro, a cui un contributo fondamentale può
derivare sia da uno Stato sociale più attento alle politiche di genere, sia dallo sviluppo, in sede di
contrattazione collettiva, del Welfare aziendale – tema quest’ultimo assunto come strategico dalla
Ugl Terziario.
L’augurio è poter vedere un Paese che riflette sulle sue persone e offre loro una reale occasione di
crescita e soddisfazione generale, professionale e umana, partendo dalla condizione economica
delle donne, memori del monito di Anna Kuliscioff, antesignana di un riformismo che assume la
parità tra i sessi come strategica nel proprio orizzonte valoriale e di azione politica e sociale: “Solo
col lavoro equamente retribuito, o retribuito almeno al pari dell’uomo, la donna farà il primo passo
avanti ed il più, importante, perché soltanto col diventare economicamente indipendente, essa si
sottrarrà al parassitismo morale, e potrà conquistare la sua libertà, la sua dignità ed il vero rispetto
dell’altro sesso”.